La signora delle placche: Norma Mercuri.

L’avventura verticale eccezionale in un solo decennio

Tra sogno e realtà, nasce  nella Nostra regione una piccola stella luccicante, che sviluppa il suo gesto prima in Molise poi in Campania destando subito interesse nell’ambiente e generando orgoglio in una comunità che ha maturato la sua identità di “arrampicata”,  più lentamente di altre. Oggi ispira molte delle climbers campane, ma lo fa sempre in sordina, con i suoi tratti umili, essenziali, la sua ironia, la sua socialità: Norma Mercuri, per chi non la conoscesse, è la signora delle placche e vive la vita di tutti ma con delle varianti importanti, fatte di roccia sale e, possibilmente sole!

di Lorenza Ercolino


Norma Mercuri

Sono Nata in un mese freddo , nella metà degli anni 70 a Benevento.

Nel corso della mia vita ho imparato diverse cose, come ad esempio quanto sia importante osservare il mondo con uno sguardo più aperto e trasversale. Il mio rapporto con l’arrampicata, e con il resto del territorio campano, è un po’ simile alle idee accumulate nella mia vita. Si è inorgoglito nel tempo, un tempo lungo dieci anni, stabilendo nuove frontiere nei rapporti personali. Ho conosciuto infatti persone fantastiche, come Oreste Bottiglieri o Stefano Sgobba che mi hanno motivata e dato l’ispirazione per continuare la mia avventura verticale e migliorarmi ancora, anche se so che il mio percorso non è finito.

Scalare ha avuto un’evoluzione naturale. Ho scoperto l'arrampicata quasi per  caso, durante un escursione con il CAI, in  un momento delicato della mia vita. Decisi di provare, e mi sembrò una gestualità a me affine, che avevo fatto per anni ginnastica ritmica. In principio il problema principale fu  un po’ di timore per l’altezza, ma  mi terrorizzava il dovermi affidare ad un’altra persona, soprattutto nelle fasi della calata. Mollai così l’idea di arrampicare ma poi mio zio venne a chiedermi di seguire un corso, che fu per me illuminante.  Conobbi così Riccardo Quaranta, e successivamente il mio compagno di cordata Luigi Baratta.

Come è solito del primo approccio in arrampicata, provavo sentimenti discontinui e altalenanti, ma ne ero affascinata, il seme di un legame inscindibile stava maturando dentro di me. Mettermi in gioco si alternava a momenti di timore, ma poi ho trovato una chiave di lettura. Ogni singolo momento su roccia diventava parte di me come una forma di meditazione, iniziavo a concentrarmi, ero presente a me stessa. Un giorno come un altro e qualcosa è cambiata: è nata una vera passione. Ho cominciato a dedicare alla scalata ogni mio momento libero, e ho così iniziato a muovermi in un territorio che paradossalmente conoscevo in modo diverso: il mio, dai luoghi più vicini alle nuove falesie della Campania fino ad iniziare nuove avventure, viaggiando per scoprire luoghi sconosciuti e diverse tipologie di roccia e di arrampicata.

La mia avventura in verticale è iniziata e si è sviluppata in Molise, un paradosso, perché sono campana, ma tutto all’epoca mi aveva indirizzata in Molise. Dopo il corso fu naturale, trovavo vicini i luoghi in cui cimentarmi ed il mio compagno di scalate era molisano. Eccomi quindi a Frosolone, dove ho sofferto, sperimentato, conquistato, ma soprattutto imparato. Con Luigi ho conosciuto la complessità e l’importanza dell’assicurazione dinamica, facendo sicura a lui su vie difficili e già più dure. Mi ha sempre incoraggiato, non solo ispirandomi ma spronandomi a superare il limite. Abbiamo due caratteri diversi che insieme si sono equilibrati per trovare momenti perfetti in arrampicata. Lui di certo è più intraprendente, istintivo, io invece ho bisogno del controllo, di dominare la scena che vivo. Ecco perché sul lavorato non riesco sempre a dare il massimo, fino al fondo delle mie energie, ciò che invece faccio nelle vie affrontate a vista. Luigi lo aveva capito, aveva notato la mia reticenza a fare vie dure, ciononostante mi ha sempre spinta, riuscendoci alla grande. Non è facile trovare il compagno di cordata giusto per te, con cui ci si possa sentire davvero a proprio agio, non è importante che sia più forte o meno forte, anzi neppure rilevante, ciò che conta è che ti conosca dentro, che sappia capire i momenti da cogliere e il linguaggio del corpo quando do il massimo, o quando non sto sul pezzo, concentrata come dovrei. Ho cominciato dopo un paio di anni a girare la Campania ed eccomi a scoprire la costiera amalfitana e la figura di Stefano Sgobba. Il mio incontro con lui è stato folgorante. Anche lui è stato in grado di spronarmi, verso l’indipendenza come climber e sportiva. Ha saputo osservare i miei metodi, il mio approccio, indirizzandomi verso un codice etico dell’arrampicata di cui ero sprovvista. Ad esempio la purezza di una via liberata a vista. Il lavorato e le vie a vista eseguite come da codice, per intenderci, sono entrambe necessarie. Il primo per il massimale, il secondo, per la lettura, la dimestichezza su tipologie diverse di roccia.

Luoghi splendidi e persone sorprendenti, che mi hanno donato nuove prospettive. La mia più grande attitudine è per la placca. Sono decisamente una "placchista" , movimenti delicati in equilibrio su poco da cui attingere, come per un funambolo…sentirsi leggeri, ma soprattutto riuscire a trovare minuscole sporgenze o spalmare come si dice in gergo, mi fanno sentire parte del tutto e presa a pieno dal gesto. Mi cimento però anche in diversi stili e su roccia diversa, trovo sia utile, per superare il limite imposto dal mio pensiero. Tra le mie falesie preferite in Campania ci sono: Palinuro, con le sue difficoltà di condizioni per l’aria salina, la sua roccia pura e le vie tecniche di differente concezione per chiodatura. Capo d'orso, non è una falesia di estreme difficoltà, ma è una scuola di tecnica e resistenza, con strapiombi su vie estetiche, plastiche, in un contesto mozzafiato tra mare e alture, roccia e macchia mediterranea. Infine Positano, sito ricco e diversificato , in sé storico. Anche punta d’aglio è parte del mio cuore, dove ho conosciuto topokiller, la via di Stefano, che ha segnato un passaggio di comprensione dentro di me. Alla fine  del 2020  anno riesco a salire il mio primo 8a "Seghe nello Spazio". Fagian club segnò anch’esso un passaggio storico. All’epoca in cui la provai mi diede filo da torcere e aprì la mia mente. Per non parlare, a Frosolone, di una via a me carissima, Dalle picche al costume, estetica e infinitamente bella.

Resta nella mia scatola dei sogni, che in realtà sono progetti da affrontare, la Valle dell’Orco, per la storia che racchiude in sé, le menti che ha ispirato, e quel granito così virtuoso. La sua posizione, la sua essenza, mi affascinano da tempo. Non sono molto avvezza al granito, ma questo è proprio il motivo che mi spinge all’arrampicata in libera proprio nella valle dell’Orco, come punto di una nuova consapevolezza e magari trampolino di lancio per altre verticalità su granito stesso.

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Riflessioni di un giovane arrampicatore / di Domenico Costabile.